
Mario Dondero ha scattato diverse immagini di Primo Levi a metà degli anni Ottanta. Sono tutte immagini prese senza mettere in posa lo scrittore. Catturate al volo, mosse o appena sfuocate, perché questo è il modo di scattare di Dondero. Si può dire che la sua sia una “fotografia naturale”; il contrario dell’“istante perfetto” di Henri Cartier-Bresson, per cui il fotografo cerca di cogliere il momento unico, di fermarlo nel continuum temporale che scorre davanti ai suoi occhi. Dondero amava fotografare in modo imperfetto, per cogliere il flusso medesimo della vita. Sono immagini che somigliano agli istanti di memoria, che non si staccano da ciò che è accaduto, ne conservano un’intensità che sembra perpetuarsi. Quando si ricorda, nulla è davvero totalmente a fuoco, nitido come in una fotografia. Questo scatto, che coglie Levi mentre parla con una persona, non è esattamente una fotografia; eppure lo è, almeno materialmente, poiché Dondero ha premuto il pulsante della sua macchina analogica.
Qui lo scrittore è a fuoco, cosa che non si può dire del suo interlocutore, di cui scorgiamo solo la nuca. Anche ciò che si vede sullo sfondo è sfumato, fuori fuoco, confuso. Tuttavia l’espressione di Levi appare perfetta, colta in un momento del dialogo, dell’interlocuzione. Giacca quadrettata, cravatta, penna, o altro strumento, infilato nel taschino. Si scorge persino, dietro gli occhiali che ricoprono parte del viso, un suo leggero strabismo, che non è visibile in altre fotografie che gli sono state fatte.
In questa, come in altre immagini di Dondero, sì. Possiamo dire che questo è un Primo Levi al naturale, per quanto non sia proprio un ritratto, bensì qualcosa che appartiene piuttosto alla visione che si poteva avere di lui incontrandolo. Non è sempre facile per un fotografo sfuggire alla messa in posa, alla tentazione di ritrarre il grande scrittore – filosofo o artista o intellettuale – seguendo la sua immagine pubblica. Questo tipo di immagini precede la fotografia che verrà fatta, come se colui che lo ritrae avesse già in mente lo scatto giusto. A un certo punto della sua vita Primo Levi, per via del pizzetto bianco, della fronte ampia, dei capelli bianchi, poi soprattutto per quello che era diventato agli occhi degli altri, dei suoi lettori, della gente in genere, per la fama, il prestigio e la considerazione di cui godeva, era visto soprattutto come un profeta laico, un ruolo che lui rifiutava decisamente. Diceva di sé: sono solo un uomo di buona memoria. Ecco che il ritratto di Mario Dondero ce lo restituisce così com’era: un uomo di buona memoria.
Leggi anche:
Primo Levi e la macchina da scrivere